"Senza arte sono come senza midollo".
Un raccoglitore per tavolozza, un bisturi per pennello. Sono questi gli strumenti che danno vita alle tele di Fabio Bedin, navigato artista che abbandona la prima formazione astrattista per concentrarsi sul paper cutting, l’espressione più autentica della sua sensibilità artistica.
Un raccoglitore per tavolozza, un bisturi per pennello. Sono questi gli strumenti che danno vita alle tele di Fabio Bedin, navigato artista che abbandona la prima formazione astrattista per concentrarsi sul paper cutting, l’espressione più autentica della sua sensibilità artistica. I suoi soggetti non sono persone, ma personaggi: sono i volti che hanno fatto la storia e continuano a farla, indistruttibili di fronte ai fragili nuovi miti. Quelli di Fabio, tuttavia, non sono ritratti. Le sue costellazioni di carta non ci vogliono restituire la verisimiglianza assoluta; ce la vogliono suggerire trasferendola filtrata attraverso la soggettività della mano e della mente dell’artista che automaticamente prende voce e vista attraverso la bocca e gli occhi delle icone di sempre, portando a rilievo i temi salienti dell’uomo contemporaneo: l’attrazione per il bello e il lusso, la vanità, la corruzione, la brama. Per Fabio significante e significato sono perfettamente comunicanti e parlano la stessa lingua: la carta selezionata per il ritaglio rispecchia tutto ciò che costituisce l’essenza, la struttura le articolazioni del soggetto. Così Salvador Dalì, col suo frontale dirompente ci osserva da un abito fitto di stampe di orologi, uno dei simboli della sua poetica; e l’incarnato di Einsten divampa di formule, scritti e schizzi anatomici di Leonardo gettando così in una sola tela un ponte che odora di sei secoli. Questi occhi, bocche, nasi che si costruiscono dai pezzi assemblati sembrano staccarsi dalla tela per l’immediatezza con cui arrivano allo spettatore e sono contornati dal tipico segno nero dei fumetti. A volte sembrano infantili. Ma è questo che vorrei fossero.. dalle vignette ho appreso il senso dell’ironia. Quell’ironia che stimola risa e domande, i due obbiettivi primari che tengono Fabio allacciato all’arte. Sono le domande che rendono davvero interessante un’opera. Quelle domande che fanno scaturire una e poi mille storie da raccontare..
Giulia Comunian [Curatore d'arte]
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